Premessa: sono una persona molto fortunata.
Da quando è iniziata quest'avventura de Il Tuo Biografo, ho incontrato molte persone interessanti, veramente interessanti, profonde, e posso dirlo con certezza perché mi sono intrattenuta con loro in conversazioni molto libere e molto aperte. Da un lato, certo, propormi come biografo, dunque come un professionista in grado di accogliere le loro parole e i loro pensieri, mi ha agevolata nell'infrangere alcuni tasselli di quel muro che ognuno di noi frappone tra sé e un estraneo. Dall'altro, spero di metterci un po' anche del mio, cioè di essere e dunque anche apparire come un essere umano con cui ci si può confrontare in modo autentico.
Ad ogni modo, c'è sempre un primo incontro (in questo post per esempio raccontavo i buffi primissimi incontri quando cercavo di farmi conoscere). E durante i primi minuti di un primo incontro è impossibile non studiare chi si ha di fronte - le sue espressioni, i suoi gesti, ci si potrà fidare oppure no? Per quanto riguarda me, io so che è naturale che questo accada, e dunque cerco di lasciarmi studiare, anche perché, se tutto va come deve andare, cioè se sarò stata in grado di far capire che posso ascoltare, ma, soprattutto, che posso capire, di lì a poco la persona che ho davanti comincerà ad aprirsi e a raccontare qualcosa di sé. Che, detto fra noi, è uno dei gesti più intimi che io conosca. Non lo sottovaluto mai.
Allora si compie il primo miracolo: le parole iniziano a sgorgare, da sole. Si parte di solito con qualche dato - quando, dove, in che modo - e poi arrivano gli aneddoti, le note di colore, guizzi di memoria che è piacevole ritrovare. Spesso chi mi parla accenna ad alcuni punti imprescindibili per comprendere il suo percorso. Io continuo ad ascoltare, prendendo appunti mentalmente.
Le storie che ho incontrato fino a oggi sono tutte oggettivamente belle. Comincio a pensare che i tesori nascosti che credevo si trovassero in punti indecifrabili siano in realtà molti di più di quanto si voglia far credere. E questa è una cosa bellissima. Ma non sempre tutti sono consapevoli di quale tesoro rappresenti la loro esistenza.
È che ci diciamo: in fondo cosa c'è di speciale in tutto questo? Nella mia vita, in cui ho combinato un sacco di cose, è vero, ma che in fondo si riduce a questi eventi qui, cosa c'è da narrare? Ed è lì che arrivo io. Non per vantarmi, ma ho un piccolo talento per trovare il lato speciale dell'umanità. È ciò che me la fa amare, nonostante tutto, nonostante tutte le brutture che ogni giorno ci arrivano dal mondo. Nonostante la superficialità con cui ci arrivano le notizie, cerco sempre di trovare la peculiarità che salverà la giornata. O una storia, questa storia.
Eccolo, quindi, il trucco. Trovare la chiave interpretativa, il movente, il perché. Mentre ascolto in silenzio, anche io studio chi ho di fronte. Non certo per capire se mi posso fidare, ma piuttosto chiedendomi: e fino a qui come ci sei arrivato? Cosa ti ha spinto? Il tuo è un romanzo di avventura o di formazione, è un racconto romantico o un poliziesco? O magari un misto di tutti questi generi? E, quando trovo il movente, nella mia testa la sequenza di eventi si trasforma in una linea, a volte dritta a volte fatta di alti e bassi, che mi conduce a capire che il senso di tutto questo, di questa vita peculiare a modo proprio, sta in quella piccola luce, che ha illuminato tutto il cammino, anche se chi parla magari in quel momento non ne è neppure consapevole (oppure ne è molto consapevole, ma non per forza lo dice a me in quel momento).
Per poter narrare una vita, certo, bisogna essere un po' narratori. Anche per raccontare una giornata, un momento, o una svolta. Ma credere che i fatti parlino da soli, o che molti fatti possano non dire assolutamente nulla, è un errore in cui non conviene scivolare. Le vite di tutti noi sono costituite da una sequenza di eventi, su questo non c'è alcun dubbio. Ma è la chiave interpretativa, il movente, la spinta peculiare che contraddistingue ognuno di noi, a renderci speciali e a renderci noi stessi. Trovare questa chiave è la mia missione.
Che spero di non disattendere mai.
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