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Immagine del redattoreNina Ferrari

I Racconti della Cantina 3: trovare un ricordo, trovare un tesoro


Nina Ferrari - Racconti della cantina - racconto biografico - vacanze infanzia

Le emozioni arrivano sempre da dove non te le aspetti.

Da mesi ormai lavoravo quasi segretissimamente al riordino della cantina di mia nonna e la mole di oggetti che mi trovavo davanti sembrava non diminuire. In compenso, ogni giorno in cui mi dedicavo a quest'attività, la polvere che si accumulava tra i miei capelli e le mie dita mi faceva credere che lo spettro dell'intossicazione da smog fosse sempre più vicino.

Mio padre, poco dopo che ebbi scoperto il cassetto segreto del nonno, venne a trovarmi e mi sentì tossire. Mi scrutò come si osserverebbe un marziano - «ma perché stai ancora facendo tutto questo?» - e, dopo essersene andato, tornò dopo poco dal centro commerciale con una nuova scorta di mascherine anti-smog. Capiva che la mia caparbietà non sarebbe mai stata scalfita dalle sue perplessità e decise che la cosa migliore era prendersi cura dei miei polmoni, che in fondo almeno in parte mi aveva dato lui, nell'unica maniera ormai possibile: e cioè equipaggiandomi a dovere.

In quello stesso periodo trovai un ulteriore cassetto interessante. Non era segreto, anzi, se ne stava piuttosto in vista, ma era pieno di cianfrusaglie da vagliare, di tappi di bottiglia - naturalmente! - e di appunti, di liste della spesa e di qualche altro articolo di giornale. Un ritaglio in particolare colpì la mia attenzione: «Da Cesenatico i bimbi trentini: "tanti saluti a mamma e papà"». Piuttosto che leggere cosa ci fosse scritto, cercai subito di concentrarmi sulla fotografia. E, dopo aver scorso con attenzione i volti di tutti i ragazzini raffigurati nell'immagine, all'improvviso ne riconobbi uno che assomigliava al mio: era mio padre da bambino!

Mi emoziona sempre vedere le poche foto che possiedo di mio padre quando era piccolo. Non solo perché è bizzarro immaginare l'omone che conosco, baffuto e panciuto, coi calzoncini corti, ma anche perché nel raffronto tra me da piccola e lui da piccolo è facile notare che eravamo quasi due gocce d'acqua. Solo che io da bambina avevo i capelli rossissimi e mio padre... beh, lui veniva ritratto in bianco e nero!

Osservare una sua foto da bambino mi provoca sempre un senso di straniamento, perché in quell'occasione mi accorgo di quanto di lui debba esserci in me, come se lui fosse parte di me, fisicamente, nella pelle e nello sguardo (e la cosa incredibile è che è davvero così, solo che non ci penso tutti i giorni!). Questo, oltre a una lieve inquietudine, mi conduce anche a una grande tenerezza.

Ad ogni modo, il ritaglio di giornale della colonia a Cesenatico lo riposi in un mucchietto speciale, tenuto da parte per un ulteriore riesame. Quando qualche settimana più tardi lo ripresi in mano per farne una scansione, mi concentrai anche sull'articolo riportato in calce alla foto e mi accorsi di un dettaglio particolare. Nella didascalia della foto veniva riportato il nome di una persona che, pur non facendo parte della mia famiglia, conoscevo bene. Si tratta di un nome abbastanza particolare - insomma, non "Mario Rossi" per intenderci - e non avevo dubbi che si trattasse del padre della mia amica C.

La mia amica C., oltre a essere favolosa ed essere al mio fianco dai tempi del liceo, ha avuto un rapporto difficile con suo padre, pur amandolo in modo profondissimo. Solo che lui ora non c'è più e, anche se non ne parliamo spesso, sono sicura che questa assenza, intrecciata a tutti i non-detti, abbia lasciato un piccolo buco in lei. Trovare nella mia cantina una fotografia di suo padre acquistava perciò un significato enorme. Era sorprendente avere un pezzo del suo passato dentro il mio passato - mio padre e suo padre ritratti assieme in colonia a Cesenatico negli anni Cinquanta! - ed era come se in quel momento mi si fosse palesato un filo, le cui radici affondavano lontano, che in qualche modo ci predestinava a essere amiche tanto quanto lo siamo oggi. I nostri padri uniti da una foto che li ritraeva trent'anni prima che noi nascessimo! E più di quarant'anni prima che divenissimo inseparabili!

Così, poco dopo, spedii alla mia amica C. la scansione della foto. Lei, che non era predisposta alle emozioni-della-cantina, rimase quasi folgorata dal cimelio che le avevo mandato. Il fatto è che, se sei lì che vivi tranquillo la tua vita, non ti aspetti di trovarti all'improvviso tra le mani una traccia delle tue radici: e quindi non puoi che rimanere stupefatto, felice ed entusiasta quando succede. Quando C. mi chiamò per ringraziarmi per quella sorpresa, al telefono tutte queste emozioni si palesarono nella sua voce, che era gioiosa quanto incredula. Condividere tutto questo con lei per me è stato meraviglioso.

È così che funzionano i supporti di memoria: non ti accorgi di averne avuto bisogno fino a quando non te ne trovi uno tra le mani. Ma, a quel punto, la gioia che ti invade è così grande che nessun oggetto nuovo di zecca potrebbe mai darti la stessa soddisfazione. Perché nessun oggetto nuovo di zecca parla di te quanto qualcosa che invece ti riporta alle tue radici, ovvero a quello che sei grazie a coloro che sono stati prima di te.

Perciò, quando mi si chiede perché faccio la biografa, perché raccolgo le storie delle persone per fissarle in un libro, io spero sempre di riuscire a spiegare che in fondo è proprio questo genere di emozione che perseguo: la gioia futura di un figlio, di un nipote o di un amico che non potrebbe mai essere ripagata da nient'altro. Come la gioia della mia amica C. quando trovò una foto che parlava di suo padre. Come la gioia di tutti noi quando scopriamo qualcosa che ci riguarda, ma che ci riguarda davvero, come accade coi racconti dei nostri genitori o dei nostri nonni, senza cui - nel bene e nel male - non saremmo quello che siamo.

Le emozioni arrivano sempre da dove non te le aspetti. A volte capita che arrivino da molto, molto lontano. Per esempio, dalla cantina della mia nonna!

Una nota su Racconti della Cantina

I Racconti della Cantina sono una raccolta di sei storie autobiografiche che in parte descrivono come sono arrivata a diventare un biografo di professione. I fatti narrati, che mi sono tutti realmente accaduti, si sono svolti nell'arco di un anno circa, tra il 2015 e il 2016: in quel periodo stavo cercando alcune risposte sulla mia vita, che volevo trasformare in meglio, sia dal punto di vista personale che soprattutto sotto il profilo professionale. Mentre riordinavo la cantina, cocciuta come un mulo impolverato e affaticato (oltre che in incognito, naturalmente, perché la nonna non mi scoprisse), certo non pensavo che organizzare quegli spazi avrebbe anche creato posto a un'idea che mi avrebbe cambiato la vita: eppure è proprio quello che è successo quando alla fine di quel percorso ho fondato il progetto de Il Tuo Biografo. Per me la cantina della nonna - che purtroppo se n'è andata alla fine dell'ottobre del 2018 - è una specie di allegoria esistenziale e I Racconti della Cantina, che all'inizio avevo cominciato a scrivere più per diletto che per esprimere grandi significati sulla vita, si sono rivelati essere molto più personali di quanto avrei mai potuto immaginare. Perché parlano di me, delle mie radici e della mia famiglia paterna; ma anche perché raccontano in sei affreschi abbozzati alcune lezioni apprese sulla mia pelle, su cosa significhi riflettere su se stessi e sulla propria biografia: ciò che ho imparato allora lo metto oggi in pratica nel mio lavoro, ogni giorno. Ecco, dunque: se ti va di sapere qualcosa di più di Nina Ferrari come persona, I Racconti della Cantina sono un buon punto d'inizio. Se vuoi leggerli tutti, clicca qui.

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