Il Lago di Tyrifjorden, in Norvegia, dove sorge l'isoletta di Utoya.
Il 22 luglio 2011 la Norvegia visse una delle pagine più tragiche della sua storia recente. Il nazionalista norvegese e fondamentalista cristiano Anders Breivik, contrario al multiculturalismo del suo Paese, in un atto di protesta criminale quel giorno mise in atto il suo piano terroristico: prima piantò una bomba davanti al Palazzo del Governo di Oslo, uccidendo otto passanti; in seguito si recò al vicino Lago di Tyrifjorden, spettacolo naturale di rara bellezza al cui centro sorge l'isoletta di Utoya, che negli anni Cinquanta era stata donata al Partito Laburista Norvegese. Quel giorno a Utoya era stato organizzato un campo estivo per 600 ragazzi laburisti e Breivik, vestito da poliziotto, li radunò tutti assieme grazie al suo autorevole travestimento e poi cominciò a sparare: morirono in questa fase altre 69 persone, tutte per lo più giovanissime, e ne ferì altre 110. Breivik sarebbe in seguito stato condannato a ventuno anni di carcere, il massimo consentito dalla legge norvegese.
La memoria delle vittime del terrorismo e, in generale, di eventi capaci di colpire masse di persone, comporta alcune peculiarità - come il rischio di spersonalizzazione dell'individuo, ricordato più per la sua morte che per la sua vita - che si discostano dai casi in cui è una persona singola a perdere la vita (e dove il suo ricordo come individuo - salvo particolarissime eccezioni - non viene minacciato). Inoltre, la memoria delle vittime di terrorismo è spesso una memoria difficile, perché, a differenza di un lutto privato che tocca solo la sfera intima di una famiglia di persone, essa rappresenta una ferita per la collettività, che spesso può sentirsi ancora in balia della paura evocata da quel ricordo. Il blog de Il Tuo Biografo ha affrontato questi argomenti in diversi articoli di riflessione, che, se siete interessati, potete sfogliare cliccando qui.
In questo contesto, trovare un modo per onorare la memoria delle vittime del massacro di Utoya, assieme a quella dei sopravvissuti e dei soccorritori, fu una delle prime preoccupazioni del Governo allora in carica, che già nel dicembre del 2011 decise che i siti sarebbero stati due, uno a Oslo (prima temporaneo, almeno fino a quando il quartiere governativo non fosse stato completamente ricostruito) e uno nel municipio di Hole, sulla terraferma, in un luogo che si affacciasse dirimpetto all'isoletta di Utoya.
Dopo che venne istituita un'apposita commissione, composta da membri del partito laburista e da familiari delle vittime, alla fine di febbraio del 2014 il progetto selezionato per ricordare la strage di Utoya fu quello dell'artista svedese Jonas Dahlberg: avrebbe compreso tre opere, ovvero Memory wound, Time and movement e Dialogue for the future, di cui il più notevole è senza dubbio il primo.
Un'animazione che prospetta il sito principale del memoriale per le vittime di Utoya immaginato da Jonas Dahlberg: Memory wound.
Camminando per il quartiere governativo di Oslo, Jonas Dahlberg aveva notato quanto ancora fosse visibile la distruzione causata da Breivik. Ma recandosi a Utoya dopo un paio di anni dalla strage, la natura aveva già ricominciato a rinascere, cancellando così agli occhi e alla memoria dell'uomo tutto il dolore di quel 22 luglio del 2011. Dahlberg immaginò allora una ferita nella terra, incolmabile come il vuoto lasciato dalla morte delle vittime. A quel taglio netto si sarebbe stati condotti da un percorso ritagliato nel bosco, alla fine del quale il visitatore avrebbe potuto affacciarsi a una finestra da cui poter scrutare la parete opposta: lì sarebbero stati incisi sul marmo i nomi di coloro che non c'erano più, in modo che fossero visibili, ma non più raggiungibili.
L'idea di Jonas era che Memory wound - letteralmente, "ferita della memoria" - riproducesse «l’esperienza fisica di qualcosa di sottratto» e riflettesse «la perdita improvvisa e definitiva di quelli che sono morti». Non c'è che dire, il suo progetto poteva essere uno dei luoghi di memoria più evocativi tra i vari che oggi si possono visitare.
Secondo la visione di Dahlberg, il secondo e il terzo sito, che sarebbero sorti a Oslo, sarebbero stati edificati con le pietre e la terra ricavate dallo scavo di Memory wound, in modo che venisse mantenuta una connessione di materiali, oltre che affettiva, tra i due luoghi. Oltre a un monumento, a Oslo sarebbe sorto anche un anfiteatro: ovvero Time and movement e Dialoge for the future.
I memoriali pensati da Jonas Dahlberg per Oslo: Time and movement e Dialoge for the future.
Proprio a causa della potenza evocativa e della brutalità dell'esecuzione del progetto di Dahlberg, i suoi tre memoriali suscitarono critiche notevoli, in modo particolare da parte di coloro che vivevano nei dintorni del villaggio di Hole e dell'isola di Utoya: per loro il ricordo di quel giorno era troppo doloroso e rimarcarlo con un profondo taglio nella terra, che nessuno avrebbe più potuto ignorare (e che tra l'altro avrebbe reso impossibile accedere alla parte più esterna di quella lingua di terra), sembrava insopportabile; un intervento di quel tipo pareva troppo violento nei confronti della natura, soprattutto tenendo conto che il lago di Tyrifjorden rappresenta un patrimonio naturale senza eguali, famoso anche per la possibilità del birdwatching; la bellezza naturale del lago era più adatta a rappresentare il luogo turistico che era sempre stato, ovvero un luogo privo del raccoglimento necessario per un memoriale come quello.
Insomma, nel 2015, ovvero a ridosso di quella che sarebbe dovuta essere la partenza dei lavori, gli abitanti di Hole istituirono un comitato contro il memoriale di Jonas Dahlberg e minacciarono di denunciare il governo se i lavori fossero continuati. E, sebbene vi fossero state delle proposte di compromesso - il taglio poteva essere apposto altrove, per esempio - nel giugno del 2017 il governo norvegese abbandonò il progetto del memoriale, licenziando Dahlberg in tronco. L'artista, dal canto suo, continuò a sostenere che l'installazione di opere simili crea sempre dibattito e che la realizzazione di opere controverse è utile proprio al tipo di memoria che mantiene alta l'attenzione sugli argomenti importanti. Ma le sue proteste si rivelarono vane, e il memoriale non si fece.
Le vittime della strage di Breivik furono onorate con una lapide solo nel luglio del 2018, ovvero ben sette anni dopo la tragedia. Posta al centro di Oslo, in Nygaardsvolds Plass, essa riporta i nomi delle 69 vittime dell'attentato, mentre niente è stato progettato per ricordarle nei dintorni di Utoya. Ecco un esempio lampante di memoria difficile: i luoghi di memoria sono importanti; ma capire come rendere onore alla vittime, rispettando il presente di coloro che vivono ancora, non è sempre così semplice.
Rispetto a un monumento che è chiamato a parlare da solo, la narrazione di una storia a volte può sembrare meno disturbante, perché, oltre a rendere memoria alle vittime, contiene in sé anche una riflessione immediata, che non ha bisogno del filtro dell'interpretazione: come dimostra il successo di 22 luglio, il film prodotto da Netflix dedicato alla strage di Utoya e diretto da Paul Greengrass, che lo presentò alla 75° edizione del Festival del Cinema di Venezia raccogliendo anche il premio cattolico Signis. Questa la motivazione del premio: perché il film rappresenta «un monito per le giovani generazioni e per la comunità tutta a non lasciarsi influenzare dalla paura dell’altro, da idee estreme e violente, ma a saper trovare la via del dialogo e dell’inclusione». Se il film vi incuriosisce, questo è il suo trailer:
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Il blog de Il Tuo Biografo ha dedicato diverse riflessioni all'identità e alla memoria della vittima in quest'epoca purtroppo segnata da eventi capaci di causare la morte di masse di persone. Le vittime di massa, infatti, spesso faticano a ritrovare una loro identità e una memoria che renda loro onore: se ti interessa sfogliare tutti gli articoli che il blog de Il Tuo Biografo ha dedicato all'argomento, clicca qui.
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