Quella di Nino Pedretti (1923 - 1981) è stata una delle voci più amate della poesia dialettale romagnola. Pacifista, poeta, insegnante e traduttore, nel secondo Dopoguerra divenne parte attiva del circolo santarcangiolese E’ cìrcal de giudéizi, di cui facevano parte anche Tonino Guerra, Raffaello Baldini e Gianni Fucci, amici di letteratura e vita.
Nato a Santarcangelo di Romagna nell'agosto del 1923 da un impiegato comunale appassionato di archeologia e da una maestra elementare, trascorse la propria infanzia serenamente nel proprio paesello. In casa parlò sempre italiano, perché suo padre non era originario di Santarcangelo: questo fece sì che il dialetto fosse per lui una lingua appresa «dagli amici giocando prima a palline e poi a pallone. Ma se per i molti altri della sua generazione il dialetto era, come si dice, la lingua materna, per Nino direi che era la lingua fraterna», come testimoniò Raffaello Baldini, futuro compagno di parole.
Pedretti si diplomò geometra nel 1942, a Rimini. In seguito fu chiamato alla guerra, ma dopo l'8 settembre 1943 riuscì a scappare, nascondendosi prima a Santarcangelo e poi a San Marino. Nell'immediato dopoguerra si unì a un gruppo di intellettuali santarcangiolesi, tra cui proprio Raffaello Baldini, Tonino Guerra, Gianni Fucci, Flavio Nicolini e Rina Macrelli, con cui fondò il circolo noto come E’ cìrcal de giudéizi, letteralmente Il Circolo del giudizio, i cui componenti discutevano di argomenti che andavano dalla letteratura alla politica e in cui Nino Pedretti si fece notare per il suo talento poetico.
Terminata la guerra, si diplomò maestro e in seguito si iscrisse all'Università di Urbino, dove si laureò nel 1949 con una tesi sul jazz. Appassionato di lingue straniere, a metà degli anni '50 viaggiò in Germania per perfezionare il proprio tedesco, mentre nel frattempo approfondiva anche la propria conoscenza della lingua inglese. Nel 1967 seguì invece a Edimburgo un corso di fonologia. Appassionato di questioni linguistiche, già negli anni '60 Pedretti cominciò ad affiancare al proprio mestiere di insegnante quello di traduttore, mentre cominciava a comporre i primi versi nella prima lingua straniera che aveva appreso, il dialetto: perché, volendo parlare delle persone comuni che non hanno un ruolo nella storia, «per parlare a loro nome bisognava parlare come loro: in dialetto».
Nonostante fosse stato insegnante di inglese nei licei - per esempio a Pesaro - Pedretti si sentiva innanzitutto un linguista. Nel 1975 l'Università di Urbino gli affidò un corso di glottologia, mentre continuava il suo studio approfondito dei dialetti, anche in collaborazione con il glottologo austriaco Friedrich Schürr. Risale infatti ai primi anni '70 la prima pubblicazione di suoi versi in dialetto, che nel corso di questo decennio prese la forma di diverse raccolte, da Al vòuşi (Le voci) a Te fugh de mi pàeis. Nella sua produzione figura una sola raccolta di poesie in italiano, intitolata Gli uomini sono strade, oggi riproposta dall'editore riminese Raffaelli.
Nino Pedretti morì prematuramente il 30 maggio 1981, a soli 58 anni. Per molti anni la sua eredità fu ignorata, il suo nome dimenticato, e solo recentemente sono stati riscoperti i suoi lavori letterari. Nel 2007 Einaudi ruppe il silenzio su Pedretti ripubblicando dopo molti anni la prima raccolta del poeta, Al vòuşi, originariamente edita nel 1975. La riscoperta della potenza lirica di Nino Pedretti sta trovando nuova linfa solo ultimamente: dopo Einaudi, Raffaelli Editore si è preso a cuore la pubblicazione di gran parte delle sue opere, che oggi possono essere lette o in volume o in e-book.
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