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Immagine del redattoreNina Ferrari

Come scrivere (una biografia)


Da quando faccio il lavoro di biografa, molto spesso mi trovo a rispondere a curiosità che riguardano la scrittura, e in particolare naturalmente la scrittura biografica. C'è chi mi chiede quale sia il senso del lavoro di un biografo, chi la biografia vorrebbe scriverla da sé, ma ora si trova a un punto morto, chi vorrebbe ricevere qualche consiglio per scrivere meglio, così, in generale. Si tratta di argomenti che mi appassionano molto, su cui certo ho qualche convinzione e forse anche qualche buon consiglio.

Uno dei commenti che più mi capita di ascoltare, e a cui mi sento chiamata a rispondere con maggiore fermezza, è l'opinione per cui la maggior parte delle persone non avrebbe «nulla da raccontare». Sono profondamente convinta che questa sia un'affermazione falsa, che però contiene in sé un nocciolo di verità che dovrebbe far riflettere: molte persone credono di non avere nulla di speciale da raccontare, perché sentono di non aver mai fatto nulla di particolare e che valga la pena di essere narrato. A questa credenza rispondo sempre che, se una bella storia si limitasse solo ai fatti, a eventi interessanti assolutamente originali, probabilmente nella storia dell'uomo sarebbe stata scritta solo una storia d'amore, esisterebbe un solo racconto di formazione e sarebbe stato girato solo un film che racconti la caduta e l'ascesa di un unico personaggio che avrebbe finito per rappresentare tutti gli altri.

Sappiamo bene che non è così. E quindi?

Quindi è evidente che il nocciolo di ogni storia non stia nel cosa, ma nel come, e che per arrivare a comprendere questo come sia necessario sapersi mettere in gioco ponendosi le domande giuste. O chiedendo a qualcun altro di rivolgerci queste domande: sapete quante volte ormai mi è già capitato di sentire da coloro che incontro «non credevo che avremmo parlato» di questo o l'altro argomento, di questa credenza sulla vita, di questo ricordo «che neppure sapevo più di avere»? La verità è che il senso di ogni vita si nasconde più nelle nostre motivazioni che nei fatti che abbiamo vissuto. E a volte siamo così impegnati ad affrontare le sfide della quotidianità che non sappiamo più rintracciare il perché delle nostre azioni. Vi assicuro che non esiste un vero perché che non sia interessante. La bellezza del mio lavoro sta proprio nell'andare a fondo di questi aspetti, che poi da un punto di vista narrativo sono anche il motore di ogni storia.

Dunque, quando scriviamo, dobbiamo innanzitutto porci alcune domande, perché la verità è che solo chi pensa bene può scrivere bene. Una scrittura che rimane in superficie ci risulterà noiosa, perché poco emozionante e poco informativa, così come saremo poco allettati da sequenze di fatti o sequenze di immagini, che da sole non ci restituiscono nulla di una storia particolare.

«Mangiai un piatto di fagioli, un tozzo di pane, una mela, una bistecca e l'avanzo di un pasticcio. Mi misi poi a pianificare il futuro» è una frase che non ci dice nulla di chi ci parla, se non forse di una predisposizione - che possiamo solo immaginare - a un'alimentazione disordinata.

Ma se leggessimo: «Dopo tanti giorni di preoccupazione per le sorti della mia vita, quel giorno capii come risolvere la situazione e mi sentii come sbloccato. Nel momento stesso in cui lo compresi, avvertii che il mio corpo si era improvvisamente liberato e provai una fame vorace, sconsiderata, che era solo pari alla mia ritrovata fame di vita. Mangiai un piatto di fagioli, un tozzo di pane, una mela, una bistecca e l'avanzo di un pasticcio. E cominciai a pianificare una soluzione».

Questo stupido racconto non ha nulla di speciale, anzi, è proprio bruttino! Eppure non sarà difficile capire che, mentre la prima frase non è altro che un elenco, la seconda è già una storia. Perché contiene in sé una motivazione, un perché, e uno sguardo successivo al futuro.

Non vedete come l'intenzione cambi tutto? Non capite come i fatti i sé non dicano niente di interessante di un avvenimento, se non sorretti dall'esposizione dei loro autentici perché? E quante versioni alternative e verosimili potremmo trovare al racconto del "mangiatore disordinato"? Io scommetto che sia un numero pari almeno a quello delle vite di cui all'apparenza sembra che non ci sia nulla da raccontare - e che così appaiono perché non sono ancora state inquisite con le domande giuste!

Le intenzioni che sottendono una storia non sono solo il suo motore narrativo, ma la inquadrano anche in un genere letterario. In una biografia che racconti l'ambizione di uomo i momenti di suspance - cosa succederà dopo? La vicenda andrà a buon fine oppure no? - saranno individuati in punti diversi rispetto a quelli di una storia d'amore, sia esso amore romantico, d'amicizia o familiare. Le premesse di una vicenda verranno esposte a poco a poco o tutte assieme, e il cuore di tutta la narrazione dovrà essere posto in un punto preciso, secondo gli obiettivi che ci eravamo prefissati.

Costruire lo schema narrativo di una storia prima della sua stesura è necessario, perché ogni lavoro di scrittura è una densa discesa nel particolare: una frase particolare, un ritmo particolare, un ritratto particolare. Quando siamo immersi nel magma della scrittura abbiamo bisogno di una bussola che ci indichi dove siamo diretti e che ci ricordi che ogni passaggio è necessario, ma non è un assoluto; perché deriva da un punto che lo precede e deve condurre a un momento successivo. Mentre scriviamo, dobbiamo tenere conto di tutto questo: prima di iniziare la stesura di un testo, è importante soffermarsi lungamente sulla sua struttura, anche con uno schema tracciato nero su bianco. Con la scrittura il problema principale è sapere cosa scrivere: una volta che lo si è capito, le parole arrivano. Perché, appunto, solo chi pensa bene scrive bene.

Se stiamo scrivendo, a meno che non si tratti di una scrittura puramente diaristica rivolta solo a noi stessi, probabilmente lo faremo sperando che qualcuno ci leggerà. E il rispetto nei confronti del nostro lettore immaginario ci imporrà di essere chiari, diretti ed esplicativi. Scrivere è anche comunicare: se dovessimo trovarci a scoprire che molti trovano poco chiaro un nostro testo, probabilmente la lacuna dovrà essere rinvenuta nel modo in cui l'abbiamo scritto e non nella testa dura dei nostri lettori. Ho sempre trovato cieco e spocchioso chi sostiene che «chi non mi capisce non mi merita»: eh, no, caro mio, forse sei tu a non meritare dei lettori!

Se si scrive per non essere capiti, è molto meglio tenere i propri lavori per sé - e si tratta di un'opzione nobile e comprensibile, visto che l'atto stesso del raccontare ha spesso la meravigliosa funzione di rendere chiari a noi stessi passaggi che prima ci sembravano offuscati. Ma, se si scrive nella speranza che qualcuno ci legga, dovremo soffermarci anche su questioni che riguardano i vari modi in cui possiamo rendere più chiaro un testo.

Ad esempio:

  • Bisogna essere autentici, bisogna essere diretti. Le frasi e i concetti artefatti puzzano di scorciatoia, mentre i contenuti e le espressioni estratti direttamente dalla pancia e dalla testa profumano di vero. Ogni lettore sa riconoscere un autore che si sta mettendo in gioco, e perciò lo apprezza, perché gli riconosce la fatica di essersi spogliato per parlargli dell'essenziale.

  • Osare sempre: non esiste concetto ponderato o ben espresso che rischi di andare troppo a fondo o di indicare troppo direttamente ciò di cui si parla, purché questo sia fatto in modo autentico. Osare non significa mettersi in mostra. Osare significa eliminare la timidezza dal nostro scrivere e utilizzare parole che sezionino il cuore del nostro pensiero, o del nostro sentire, fino a farci sentire punti da quella parola precisa. Se la parola che abbiamo scelto non punge neanche un po', probabilmente ce n'è un'altra migliore. Se la parola necessita di essere messa tra "virgolette", sicuramente ce n'è una migliore.

  • Se esiste sia un modo più lungo che uno più breve per esprimere lo stesso concetto, non c'è dubbio, va usato quello più breve. Su un little black dress le perle stanno da dio, ma su un abito sgargiante si confondono fino ad apparire ridondanti.

Scrivere è un'attività che ci coinvolge completamente, perché, sia che si seguano i consigli che ho dato poco sopra, sia che si ignorino completamente, è un lavoro creativo che fluisce direttamente dal nostro modo di vedere il mondo, di immaginarlo e di sentirlo. Quando si ha completato un'opera, lunga o breve che sia, la sensazione che quel testo ci appartenga è totale e difficilmente saremo in grado di valutarlo per quello che è - e, all'occorrenza, di correggerlo. Perciò, per metterci mano - e vi assicuro che metterci mano sarà necessario! - bisognerà far passare del tempo, settimane o mesi, in modo tale che sia possibile ottenere il distacco sufficiente per osservare quelle pagine come qualcosa di altro da noi.

La scrittura è quasi sempre ri-scrittura, limatura, eliminazione di tutto ciò che non è essenziale. Appena redatto un testo, la memoria delle nostre dita è ancora pregna della fatica impiegata per crearlo e nella nostra mente risuona ancora la musica che avevamo seguito per trovare proprio quelle parole e non altre: perciò non possiamo essere oggettivi. Passato qualche tempo, e ottenuto maggiore distacco, è possibile tornare a guardarlo con la spietatezza necessaria a eliminare, riscrivere, rielaborare, tagliare, rendendo il nostro lavoro più simile a qualcosa che vorremmo leggere - e che molto spesso assomiglia anche a ciò che avremmo voluto scrivere in principio.

Anche dare in revisione il proprio testo a qualcuno di fiducia può essere molto utile, perché in questo caso durante la rilettura il distacco sarà totale e quindi oggettivo sarà lo sguardo di chi valuta e rielabora il lavoro. Qui al Il Tuo Biografo, all'occorrenza, ci si occupa anche di questo. Ma la fiducia è importante: perché, quando consegniamo a qualcuno un nostro scritto, dobbiamo essere consapevoli che verrà variato, limato, a volte ribaltato, affinché ai nostri contenuti e alla nostra musica venga dato il maggior risalto possibile. Quando affidiamo un nostro scritto a una persona esterna, dobbiamo essere convinti che sarà in grado di metterci in luce, altrimenti ci risulterà difficile tollerarne la manipolazione.

Accettare tutto questo non è facile, soprattutto se scrivendo ci siamo messi a nudo come avremmo dovuto. Ed è per questo che ogni processo di scrittura è sempre, a mio parere, un atto di grande coraggio.


***

Sono molti gli autori, spesso anche eccezionali, che hanno riflettuto su cosa renda grande la scrittura e su quali siano le regole da seguire quando si vuole scrivere un romanzo. Senza credere che alcuno di questi suggerimenti sia un dogma, il blog de Il Tuo Biografo si diverte di tanto in tanto a riportare queste riflessioni nei suoi «consigli di scrittura»: se vuoi sfogliarli tutti, clicca qui.

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