Qualche giorno fa partecipavo a una cena tra amici in cui si è discusso su quale sia la vera ricetta della parmigiana. Dopo un breve confronto, mi è stato chiaro che c'è chi le melanzane le griglia, chi invece le frigge, c'è chi usa il pangrattato e chi no. Per menzionare solo alcune delle variazioni più fondamentali di una delle preparazioni più golose al mondo!
Due erano in particolare gli amici più agguerriti nella discussione, perché entrambi erano sicuri di possedere - grazie alle loro mamme - la ricetta originale del piatto, tanto da poterlo definire vero. Il livello di tensione maggiore si è raggiunto quando i due commensali hanno cominciato a paragonare non solo le loro tradizioni culinarie, ma l'arte stessa delle loro mamme: insomma, quando la questione è diventata personale.
«Se mia madre la fa così, guarda, ti dico, è sicuramente quella vera - e oltretutto è eccezionale»
«Non ne dubito», rispondeva l'altro «ma guarda che dico che questa è la ricetta passata a mia madre da mia nonna: è questa la vera parmigiana, da generazioni!»
Insomma, ad un certo punto per fortuna al nostro tavolo sono arrivate le pietanze che avevamo ordinato e, una volta assaggiate, era tutto così buono che la potenziale rissa si è tramutata in un amichevole reciproco invito a cena dei due contendenti: a casa delle loro mamme, ovviamente. Ma l'episodio mi ha fatta riflettere.
In un Paese come l'Italia, in cui esistono tante tradizioni culinarie e in cui il cibo è così importante, gran parte delle nostre radici affonda nel cibo che mangiamo. E non parlo mica solo dei nordici che -dicono - mangiano la polenta o dei meridionali che mangiano i maccheroni, no, mi riferisco alle sfumature. La nostra stessa specifica cultura culinaria è espressa dalle mille versioni diverse di uno stesso piatto, tanto che, infatti, da questo punto di vista nessun posto è come casa. Perché quando ci sentiamo un po' giù di morale, o semplicemente quando desideriamo coccolare un po' noi stessi o chi ci sta vicino, tornare con le nostre papille gustative a quello che mangiavamo da piccoli - cioè alle ricette delle nostre mamme, dei nostri papà e dei nostri nonni - è spesso il farmaco giusto per guarirci da praticamente qualsiasi malanno.
Per me che faccio la biografa, e che dunque per lo più mi occupo di raccontare le identità delle persone, questo discorso ha subito suscitato un'idea, che ha a che fare con l'identità delle persone: raccontare un'identità, certo, è spesso raccontare una storia, illustrarla con immagini che riportino la memoria a un dato momento. Ma è anche fare un viaggio nel passato, nei sensi delle sensazioni ritrovate: compreso quello del gusto. E allora perché non racchiudere tutta questa tradizione, tutta questa cultura, tutta questa memoria, in un libro personale che cristallizzi una volta per tutte le ricette della nostra famiglia?
Un libro di ricette di famiglia, un libro che parli dei gusti della nostra infanzia e che spieghi come riprodurli, a cui ognuno dei nostri familiari possa contribuire con la sua speciale memoria e la sua ricetta: quale regalo migliore da condividere zii e cugini? Per renderlo perfetto basta raccogliere tutte le ricette, le immagini e altri ricordi connessi a quel piatto, contattare la vostra biografa di fiducia e aspettare che ne venga fatto un bellissimo libro.
Ecco, prima di qualche giorno fa io non ci avevo pensato. E voi?
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