La nostalgia è un sentimento di rimpianto malinconico nei confronti del passato, che si compie attraverso il ricordo di ciò che non c'è più. È un sentimento dolce-amaro, che, mentre ci induce a un'inquietudine nel presente, nel frattempo ci porta a guardare con gioia il passato. Insomma, la nostalgia non è solo un sentimento negativo, anzi. La tristezza che è insita nella nostalgia deriva dal fatto che qualcosa che abbiamo amato o che amiamo ancora ci sia sfuggito: come tutto ciò che riguarda la memoria, esiste dentro di noi in modo immateriale; eppure non possiamo fare a meno di constatarne l'assenza nel mondo reale in cui viviamo. Ecco cos'è la nostalgia.
Il primo nostalgico della storia della letteratura è stato Ulisse: mentre peregrinava attraverso i mari vivendo le avventure che sono narrate nell'Odissea, Ulisse non poteva fare a meno di rivolgere il proprio pensiero a Itaca, a casa sua, a cui desiderava tornare. Nostalgia infatti è un termine che deriva dalla combinazione delle parole greche "álgios" e "nóstos", ovvero "dolore" e "viaggio": la nostalgia altro non è dunque che il dolore del viaggiatore che desidera ritornare a un luogo ricordato con affetto.
Eppure, paradossalmente, è proprio la nostalgia di Ulisse a dargli la forza per andare avanti - ovvero per tornare a casa. Il ricordo nostalgico di Ulisse gli rammenta ciò per cui vale la pena di lottare, perché ciò che un tempo aveva conosciuto può tornare a esistere se lui lo vuole. Il viaggio per mare in fondo assomiglia al viaggio della vita: la nostalgia instaura un paragone infelice tra passato e presente, ma ci ricorda anche che ciò che è esistito in passato può, magari in forma diversa, esistere ancora.
Il primo studioso moderno che analizzò il sentimento della nostalgia da un punto di vista clinico fu Johannes Hofer, che nel 1688 nella sua Dissertatio medica de nostalgia coniò il termine medico "nostalgia" per indicare il cambiamento fisico e psicologico dei soldati svizzeri in servizio nell'esercito francese: lontani dalla propria patria, questi mercenari diventavano deboli e inappetenti - in poche parole, entravano in un particolare stato di depressione. A partire dal XVII secolo, la storia della nostalgia diventò la storia di una patologia legata al rimpianto e a una sensazione di frammentarietà e di discontinuità del presente rispetto al passato. Il particolare modo di rivivere il passato tipico della nostalgia era visto come una malattia psichica.
Per arrivare a una redenzione della nostalgia, ovvero a una sua visione meno drammatica o patologica, è necessario arrivare ai giorni nostri: solo negli ultimi vent'anni essa è stata presa in considerazione da ricercatori in psicologia che hanno cercato non solo di analizzare questo sentimento in test di laboratorio, ma anche di comprenderne la funzione da un punto di vista sia psicologico che evoluzionistico. Gli studi maggiori in merito sono stati condotti dal professor Constantine Sedikides dell'Università di Southampton, in Gran Bretagna, dal professor Ad Vingerhoets dell'Università di Tilburg, in Olanda, e dal professor Xinyue Zhou della Sun Yat-Sen University, in Cina.
Secondo i loro studi più recenti, la nostalgia non solo non è una malattia, anzi, ma è un tipo di sentimento che dà conforto, soprattutto nei passaggi più difficili della vita e in quelli di transizione tra un'età e un'altra. La nostalgia aiuta a dare un senso di continuità alla nostra esistenza, perché, grazie al ricordo, e all'emozione che ne deriva, ricordiamo le nostre radici, ciò che abbiamo amato (e ciò che amiamo ci indica chi siamo), e ci dà forza per andare avanti verso un obiettivo possibile.
Esperimenti in laboratorio condotti sui volontari hanno dimostrato che la nostalgia aiuta a contrastare il senso di solitudine, la noia e l'ansia. Grazie al ricordo felice di ciò che ci manca nel presente, gran parte degli intervistati ha dimostrato di essere più generosi e tolleranti nei confronti degli estranei, con cui erano naturalmente portati a empatizzare di più. Quando condividevano memorie nostalgiche del passato, coppie di coniugi di lunga data tendevano ad avvertire maggiore vicinanza tra loro e a essere più felici. Ma quello che ha colpito maggiormente i ricercatori è che i soggetti analizzati tendevano a indugiare in modo più frequente su ricordi nostalgici quando si trovavano al freddo, rispetto a quando occupavano un ambiente riscaldato. Cosa voleva dire?
Secondo il professor Constatine Sedikides, che a questo argomento ha dedicato più di un decennio della sua carriera, la nostalgia potrebbe essere servita alla nostra evoluzione e alla nostra sopravvivenza - proprio come dimostra la storia di Ulisse. Le memorie nostalgiche ci provocano conforto nei momenti difficili della vita - letteralmente, ci riscaldano il cuore quando abbiamo freddo. Non servono a cambiare il presente, ma a combattere per avere un futuro più simile a quello che vorremmo, più simile al passato che abbiamo già conosciuto. «Poiché richiamare una semplice memoria basta a mantenere un benessere fisiologico, o a dare forza e speranza di un possibile mondo migliore, un simile meccanismo mette in luce la straordinaria capacità di adattamento umana», ha dichiarato recentemente Sedikides in un'intervista al New York Times. «Una memoria nostalgica può contribuire alla sopravvivenza, nel senso che quel ricordo felice può indurre a faticare di più per cercare un riparo, o del cibo quando fa freddo».
Non importa che il presente sia imperfetto, desolante, più privo di amore o bellezza rispetto a quanto vorremmo: la nostalgia ci induce a combattere la mutevolezza del mondo esterno, a mantenere un equilibrio interiore, e un intimo senso di coesione, che rappresenta la base per agire, per migliorarci, per modificare la realtà esterna secondo un modello a cui sappiamo di poter aspirare, perché lo abbiamo già vissuto. O, altrimenti, ci aiuta ad apprezzare il nostro percorso, a renderci conto di quali siano stati i momenti felici della nostra esistenza e quanto siano stati capaci di restituirci un senso profondo, un significato per cui valesse la pena di esistere.
Per questo il professor Sedikides raccomanda di concedersi, anche più volte a settimana, un momento di nostalgia. Gli studi che ha condotto in laboratorio dimostrano che le persone tendono ad avvertire un maggiore senso di continuità di sé se indulgono regolarmente nel ricordo del passato. Canzoni, tramonti, minuti spesi osservando vecchie fotografie della vita: sono mezzi per provare nostalgia, che nella maggior parte dei casi porta chi la prova a rendersi conto di «essere stato amato» o che «la vita è stata degna di essere vissuta».
Insomma: la nostalgia, lungi dall'essere una malattia, è invece una risorsa preziosa per aiutarci a vivere meglio - rispetto alla costruzione del nostro futuro - o per apprezzare il nostro passato, la nostra storia. Ciò a cui la nostalgia non deve servire è a condurre uno spietato paragone col presente: nulla torna uguale a se stesso, nulla può mai veramente ripetersi e, se si ripetesse tale e quale, forse arriverebbe addirittura ad annoiarci. Si può andare sempre e solo avanti: a volte con un aiuto dal passato, quando serve, quando siamo in cerca di un po' d'ispirazione.
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