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Alessandro Manzoni (1785-1873), milanese di nascita, è considerato uno dei padri della letteratura italiana. Il padre Pietro, ricco e bigotto, a quasi cinquant'anni aveva sposato in seconde nozze Giulia, figlia di Cesare Beccaria, autore di Dei delitti e delle pene (1764). Era un matrimonio di convenienza e ben presto si diffuse la diceria che il vero padre di Manzoni fosse Giovanni Verri. I genitori di Manzoni si separarono nel 1792 e Giulia andò a vivere all'estero con il conte Carlo Imbonati. Lontano dalla madre, nella quale Manzoni vedeva un modello di libertà e di apertura mentale, Manzoni sviluppò degli atteggiamenti di insofferenza verso il padre, che lo mandò a studiare prima nel collegio dei Padri somaschi e poi in quello dei Padri barnabiti.
Il giovane Manzoni seguì con simpatia e distacco le esperienze del giacobinosmo italiano e nella Milano napoleonica compì i suoi primi esperimenti letterari. Nel luglio 1805, dopo la morte di Imbonati, che aveva nominato Giulia sua erede universale, Manzoni raggiunse sua madre a Parigi: da quel momento i due non si separarono più. Nella ville lumière Manzoni scrisse e pubblicò il carme In morte di Carlo Imbonati e frequentò i cosiddetti idéologues (pensatori che rielaboravano criticamente l'Illuminismo), tra i quali Claude Fauriel, con cui in seguito strinse una profonda amicizia e con cui mantenne per decenni una lunga corrispondenza. Nel 1807 il padre di Manzoni, che lo aveva nominato erede universale, morì; Alessandro non volle partecipare al funerale.
Nel 1808 sposò la sedicenne svizzera e calvinista Enrichetta Blondel. Enrichetta era stata scelta da Giulia, che la giudicava una moglie ideale per suo figlio: le due donne andarono d'accordo per tutta la vita. Da questo matrimonio nacque, nello stesso anno, la prima figlia, Giulia, alla quale seguirono Luigia Maria Vittoria (che visse un solo giorno), Pietro, Cristina, Sofia, Enrico, Clara, Vittoria, Filippo e Matilde, per un totale di dodici gravidanze (due si erano concluse con un aborto). Le figlie femmine di Manzoni ebbero vita assai breve, tranne Vittoria che visse fino a settant'anni. Intorno al 1810 la famiglia Manzoni tornò in Italia e si convertì definitivamente alla fede cattolica: per questa conversione Enrichetta pagò un prezzo molto alto, perché fu allontanata dagli amatissimi genitori. Tuttavia la donna non cambiò mai idea, ma, anzi, trasse sempre molto conforto dalla fede. Per Manzoni, religione e vita familiare rappresentavano l'approdo a un porto sicuro: in una profonda agiatezza, vide crescere intorno a sé una grande famiglia.
I Manzoni vivevano tra Milano e la villa di Brusuglio, e ricevevano le visite di esponenti dell'aristocrazia e del mondo intellettuale milanese. Su tutti vegliava, come severa guida spirituale, monsignor Luigi Tosi. La statura di scrittore del Manzoni iniziò a rivelarsi in forme originali con gli Inni sacri (1815). Del 1819 è Osservazioni sulla morale cattolica, scritta su richiesta del Tosi; seguì, tra le altre opere, Il conte di Carmagnola (1820). Nel 1821 Manzoni scrisse l'Adelchi, Marzo 1821, Il cinque maggio e cominciò a lavorare al suo romanzo storico, I Promessi Sposi, una prima edizione del quale uscì nel 1827 col nome di Fermo e Lucia. Nello stesso anno Manzoni si recò con la famiglia a Firenze per avere un contatto con il fiorentino, che per lui era la variante linguistica italiana migliore. Negli anni Trenta e Quaranta si dedicò soprattutto a problemi linguistici e filosofici; nel frattempo, manteneva contatti indiretti con le forze del Risorgimento.
Il tranquillo scorrere della sua esistenza venne turbato da una serie di lutti: nel 1833 morì Enrichetta; nel 1835 morì la primogenita Giulia, che aveva sposato quel Massimo D'Azeglio autore, tra gli altri, del romanzo storico Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta. Nel 1837 Manzoni sposò in seconde nozze Teresa Borri, vedova del ricchissimo conte Stefano Decio Stampa e madre di Giuseppe Stefano. Teresa, come Enrichetta, era stata scelta per suo figlio dalla madre Giulia, ma stavolta il rapporto tra nuora e suocera fu pessimo fin dall'inizio. Il matrimonio di Manzoni con Teresa fu abbastanza felice: era una donna colta e informata, ma egocentrica e ipocondriaca. Questo legame parve assorbire completamente Manzoni, che progressivamente incominciò a trascurare sempre di più la madre e i figli.
Sotto l'aspetto letterario, al secondo matrimonio seguì un periodo di vitalità creativa, che consentì a Manzoni di concludere il rifacimento linguistico dei Promessi Sposi, suggellato dalla nuova edizione apparsa tra il 1840 e il 1842. Nel 1841 morì la madre Giulia. Manzoni visse con trepidazione gli avvenimenti del '48 e seguì con simpatia e consenso la politica del Piemonte del decennio successivo. Nel 1860 Vittorio Emanuele II lo nominò senatore, e come tale Manzoni partecipò a Torino, l'anno successivo, alla proclamazione del Regno d'Italia. Pur rimanendo fedele alla più stretta ortodossia cattolica, appoggiò la politica del nuovo Stato italiano, ostile al potere temporale dei papi. Liberata Roma, ne accettò la cittadinanza dal nuovo Comune laico. Venerato nel paese come massima espressione della cultura nazionale, Manzoni nel 1868 fu presidente della commissione per l'unificazione della lingua, e presentò una relazione che fu alla base della politica linguistica e scolastica italiana del secondo Ottocento. Alessandro Manzoni morì quasi novantenne a Milano nel 1873, in seguito a una caduta all'uscita della Chiesa di San Fedele. Furono celebrati solenni funerali di Stato e per l'anniversario della sua morte Giuseppe Verdi compose la Messa da requiem.
Ne potete ascoltare qui l'incipit: sicuramente lo conoscete, ma forse non sapevate che fosse dedicato a Manzoni! Buon ascolto.
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