2090128167685128
top of page
Immagine del redattoreSara Strepponi

Ada, contessa di Lovelace. Quando essere diversi è una risorsa



Se vuoi sapere quclosa di più su Sara Strepponi, autrice di questo articolo, clicca qui.


Quando ragione e immaginazione trovano un ponte - un linguaggio comune - il genio scientifico si insinua e, fecondo, delinea nuovi scenari di progresso. Ciò fu particolarmente vero durante l'Ottocento, quando riforma poetica e progresso tecnologico convissero talvolta in forte contrasto, ma a volte in perfetta armonia. Ada Lovelace (1815-1852), pioniera informatica e sostenitrice della scienza poetica, è l'emblema di tale sintesi: il linguaggio matematico e l’immaginazione furono in lei «se non identici, necessari l'uno per l'altro».


Era il 10 dicembre 1815 quando Annabella Milbanke, donna colta e appassionata di matematica, diede alla luce la piccola Ada Augusta, concepita da un amore bizzarro che si consumò in un matrimonio lampo con il poeta George Byron. A causa del temperamento contrapposto, i due coniugi si separarono nel 1816, quando Ada aveva solo cinque mesi. Ai sospetti di tradimento sollevati da Annabella, Lord Byron rispondeva con sarcasmo, dedicandole epiteti come «principessa dei parallelogrammi», «Medea matematica» e «calcolatore che cammina». Al di là delle reciproche frecciate, rimaneva l’incolmabile distanza tra i due: lui poeta romantico, lei archetipo della rivoluzione industriale.


Ada non ebbe modo di conoscere il padre, che già durante il 1816 lasciò l’Inghilterra alla volta di Svizzera e Grecia, dove perì ancor giovane a causa di una febbre reumatica. Nel frattempo Annabella, preoccupata per i molti pettegolezzi circa la figura dell’ex marito e attenta che la figlia crescesse libera da contaminazioni poetiche, decise di farla vivere in campagna, lontana da Londra. Qui la sottopose ad una rigidissima educazione che prevedeva studi scientifici e severi castighi. Ai suoi occhi l'impegno profuso nella scienza era l'unico strumento di cui una donna disponeva per emanciparsi in un mondo dominato dagli uomini.


Ada era spesso nervosa perché divisa tra due forze contrastanti: da un lato il rigore della madre, dalla quale stentava peraltro a farsi accettare, dall’altro la passionalità evocata dal padre, figura lontana, ma sempre in grado di insinuarsi, silente e seducente, nel suo immaginario. Così, nella solitudine delle giornate in cui Annabella era lontana da casa, la piccola stringeva a sé i regali che il poeta le aveva spedito. «Blood is thicker than water», il sangue è più denso dell’acqua, chiosava il proverbio inciso in un ciondolo ricevuto in dono. In Ada questo sangue scorreva impetuoso e, patrimonio poetico dalla forza inestimabile, avrebbe trovato presto una forma espressiva.


Con metodo, rigore e passione, a soli tredici anni, la piccola pensò di costruire un oggetto volante, dalle sembianze di un cavallo alato e mosso dal motore a vapore. Molte di queste idee, che prevedevano attenti calcoli per definire proporzioni esatte tra corpo e ali, erano frutto di una mente immaginifica già proiettata oltre i paradigmi della scienza nota.


Annabella non tardò a manifestare il suo disappunto per quella che considerava una distrazione dagli studi. Solo in apparenza indulgente verso la madre, Ada si trovò costretta ad abbandonare i suoi avveniristici progetti per una grave motivazione: gli strascichi di una malattia perniciosa – morbillo probabilmente – la costrinsero a letto per tutti i tre anni successivi, segno di una gracilità che caratterizzò tutta la sua esistenza. Determinata e ambiziosa, la giovane non si arrese e riempì questo lungo periodo con lo studio della matematica, della musica e del tedesco.


Era il 1832 quando la sua salute iniziò a migliorare. Ada aveva diciassette anni. Il suo corpo si era fatto adolescente e il suo temperamento passionale trovò sfogo nei primi ardori amorosi. Fu subito scandalo: il misfatto si era consumato con William Turner, professore di umili origini, suo insegnante di stenografia. L'onta del disonore andava sanata, ma non sacrificando le aspettative di una madre ambiziosa. Fu così che, nel maggio del 1833, Annabella decise di presentare sua figlia al cospetto dell'alta società, in quello che fu a tutti gli effetti un debutto volto ad acquietare le malelingue e a combinare nozze titolate. Erano tradizionalismi che Lord Byron avrebbe guardato con sospetto e che la stessa Ada visse con la leggerezza e l'ironia di chi si beffa di una società castigata. Ben altri e più ambiziosi progetti riempivano le sue giornate che, parimenti, iniziavano ad arricchirsi della presenza di alcune personalità di spicco del panorama scientifico: Mary Somerville e Charles Babbage.


Somerville era una studiosa autodidatta, già largamente affermata nell'ambiente scientifico inglese. Affiancò Ada negli studi e con la sua dolcezza seppe compensare la severità della madre. Ebbe inoltre il merito di introdurre la giovane a Charles Babbage, matematico tra i più influenti dell'epoca. Affascinante quarantenne, Charles era un uomo poliedrico e anticonformista che si tramutava in eccentrico anfitrione durante le feste organizzate presso la sua abitazione in Dorset Street. Babbage intratteneva personalità di spicco del mondo culturale e politico, anche allo scopo di raccogliere fondi per i suoi progetti tecnologici. Durante le deliziose serate in compagnia di Darwin, Dickens e Faraday, Ada ebbe modo di ammirare il calcolatore differenziale, vero protagonista di questi convivii mondani.


Babbage aveva infatti progettato – e parzialmente costruito – una macchina di calcolo in grado di eseguire operazioni complesse in maniera semplice e automatica. La semplicità derivava dal fatto di sfruttare la teoria delle differenze finite – metodo che permette di trasformare un problema differenziale in uno algebrico approssimato. Nel caso del calcolatore differenziale ciò permise di ridurre le moltiplicazioni alle più semplici somme e sottrazioni. La genialità di Babbage fu quella di integrare questa approssimazione in un meccanismo automatizzato composto da colonne e dischi dentati. I denti di ciascuna ruota coincidevano con le dieci cifre del sistema decimale e ciascun disco, partendo dal basso, rappresentava le unità, le decine, le centinaia e così via. Una manovella avrebbe azionato le ruote le quali, combinandosi, avrebbero riportato il risultato con un’approssimazione tale da contenere gli errori di calcolo, tanto frequenti durante tutto l’Ottocento. Per approfondire il contributo di Charles Babbage vi consiglio la lettura di un testo che è semplice ma esaustivo: Il computer dimenticato. Charles Babbage, Ada Lovelace e la ricerca della macchina perfetta.


Ada comprese da subito il suo funzionamento e intuì le possibili applicazioni future. Tra i due nacque un'intensa sintonia che diede inizio ad un fitto carteggio. Questa corrispondenza si presenta ancor oggi ricca di dettagli tecnici ed è in grado di rivelare la personalità giocosa della giovane, la quale amava inserire metafore e spunti poetici per allietare le giornate di studio, alacremente trascorse tra geometria, algebra e trigonometria.


Su Ada continuava intanto a gravare l’ombra opprimente della madre che, a suon di rimbrotti, palpitava affinché la figlia trovasse marito. Provvidenziale fu a tal proposito l’intervento di Woronzow Greig, figlio di Somerville e sincero confidente. Per Ada – che presto sarebbe diventata contessa di Lovelace – Greig pensò ad un suo amico, William King. Con i suoi trent’anni, il titolo di barone e una buona rendita avrebbe certamente atteso i desideri di Annabella. L’intelligenza, la sensibilità e l’attitudine all’ascolto fecero il resto: Ada aveva trovato un uomo disposto a non ostacolare la sua passione per la matematica e fu così che, nel 1835, i due convolarono a nozze.


Nulla, tuttavia, avrebbe potuto distogliere Ada dallo studio: non l’amore, che le provocava solo piccoli fremiti; non la malattia, che teneva a bada con gli oppiacei; tantomeno i suoi tre figli, per i quali certo provò affetto, ma mai abnegazione materna.


Fu durante una giornata dedicata allo studio che Ada ebbe una folgorazione. Entusiasta, scrisse a Babbage una meravigliosa lettera destinata ad accogliere il fulcro della scienza poetica e a guidarla nel percorso che, di lì a breve, l’avrebbe consacrata come prima programmatrice della storia dell’informatica.


Una nota recitava:

L’immaginazione è principalmente la facoltà della scoperta[...], la scienza matematica mostra ciò che è [...]. Anche l’immaginazione mostra ciò che esiste, ma oltre i nostri sensi. Per questo è la facoltà che deve maggiormente coltivare chi si vuole dedicare alla scienza.

Nel 1840 Babbage partecipò a un convegno a Torino durante il quale presentò il progetto del calcolatore analitico, evoluzione della sua macchina differenziale. L’architettura di questo marchingegno – che possiamo considerare a tutti gli effetti un antesignano del moderno pc – affascinò un astante, l’ingegnere italiano Luigi Federico Menabrea. Prontamente, il giovane compose un articolo in francese in cui dava una descrizione del meccanismo. Con il pretesto di tradurre in inglese l’articolo, Ada colse l’occasione per mettere nero su bianco il suo concetto di scienza poetica. Grazie a sette note aggiunte, le ventitré pagine di Menabrea triplicarono, ma soprattutto si arricchirono di un’idea profetica del ruolo del calcolatore analitico, visione che ci porta fino ai giorni nostri. Nientemeno, compare in esse il primo programma informatico della storia: nella Nota G, Ada rappresenta una sequenza di operazioni per calcolare i famosi numeri di Bernoulli, che hanno preso il nome dal matematico svizzero che li rese noti nel 1713 nel suo trattato Ars conjectandi.


Alla descrizione delle possibili operazioni eseguibili, seguivano schemi e tabelle che dimostravano le potenzialità della macchina: con essa si potevano memorizzare, trasferire e rielaborare non solo numeri, ma anche simboli. Ecco dunque aprirsi un ventaglio infinito di applicazioni future. Perché non pensare, ad esempio, di trasformare note musicali in melodia? Il calcolatore che Ada immaginava «tesse modelli algebrici proprio come il telaio Jacquard tesse fiori e foglie».


Nel 1843 il contributo della contessa di Lovelace venne pubblicato a firma A.A.L, mantenendo un certo riserbo sulla sua identità di donna, pudore richiesto dall’epoca Vittoriana. Non pudore, ma ritrosia verso l'intraprendenza del genio femminile è stata invece la causa del tardivo riconoscimento di Ada Lovelace nel mondo scientifico. Morta prematuramente nel 1852 a causa di un tumore dell'utero, bisognerà aspettare la seconda metà del Novecento per smentire le voci di chi la voleva semplice segretaria di Babbage e ridimensionare i pregiudizi circa la sua passione per gioco, oppiacei e mesmerismo. Finalmente, e a ragione, oggi la storia la ricorda e la celebra come pioniera informatica, «incantatrice di numeri» e a tutti gli effetti come l’inventrice del primo software della storia.


Oggi possiamo approfondire la sua figura attraverso la lettura di alcuni libri. Se cercate una biografia che riporti fedelmente lo scambio epistolare tra Ada e Charles Babbage, nonché tra la stessa e sua madre, vi consiglio la lettura di Ada, the Enchantress of Numbers: Poetical Science di Betty Alexandra Toole. È un testo impegnativo e per ora potrete leggerlo solo in inglese, ma lo sforzo ripagherà ogni vostra curiosità su questa donna incredibile. In alternativa, è possibile avere una panoramica romanzata della vita di Ada grazie a una recente pubblicazione, che non pretende di essere una biografia stretta, ma racconta con leggerezza la vita della contessa di Lovelace: mi riferisco a L'incantatrice dei numeri di Jennifer Chiaverini ed edito in Italia da Neri Pozza. Infine, una chiccha per i piccoli lettori curiosi: Ada Lovelace. Piccole donne, grandi sogni. Ediz. a colori è un libro illustrato che potrà stimolare l’interesse delle giovanissime, informatiche di domani!


***


Se vuoi sfogliare altri articoli in cui ho consigliato biografie che raccontino la storia della scienza o la vita degli scienziati, clicca qui!



969 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page