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Attrice dalla bellezza disarmante e donna dall’identità complessa, Hedwig Eva Maria Kiesler (1914-2000) visse un'esistenza avvolta nel mito. Con il nome di Hedy Lamarr fu, per il pubblico di Hollywood, un personaggio esotico e ammaliante. Nel privato mostrò invece un inaspettato genio inventore e incarnò l’archetipo di donna indipendente e un po’ folle. Le luci della ribalta accentuarono la distanza tra queste identità le quali, a riflettori spenti, si combinarono in un percorso di vita articolato e sofferto.
Hedy nacque a Vienna il 9 Novembre del 1914. La città era capitale delle avanguardie teatrali che riempivano le sale richiamando una fervida comunità, composta perlopiù da persone colte di origine ebraica. A questo ambiente apparteneva la famiglia Kiesler, che risiedeva nel quartiere di Döbling, un’area verde solcata dalle fresche acque del Danubio. Qui Hedy poté godere di un’infanzia spensierata disseminata di escursioni e nuotate, in un ambiente agiato e stimolante. Il padre, Emil Kiesler, era infatti un ricco direttore di banca mentre la madre, Gertrude Lichtwitz – detta Trude – , era una ex pianista con la passione per l’arte e lo spettacolo.
Hedy, da piccola, sottraeva capi di abbigliamento alla madre e con essi adornava le sue bambole, trasformandole in protagoniste di fantasiosi spettacoli animati. Erano le prime avvisaglie di quella passione che divenne un’idea folgorante durante un pomeriggio a teatro: da grande avrebbe fatto l’attrice.
Appena dodicenne e noncurante dello studio, Hedy si iscrisse ad un concorso di bellezza, lo vinse e, con il premio ricevuto, comprò un cappotto in pelliccia. Dura fu la reazione di Trude che, con veemenza, cercò di contenere la vanità esuberante della figlia. Sarebbe stato un peccato sacrificare all’estetica l’ingegnosità di una bambina in grado, a soli cinque anni, di smontare e rimontare un carillon. Nella speranza di contenerne i vezzi, i Kiesler iscrissero la figlia presso un prestigioso collegio svizzero, ma nulla sembrava poter arginare la sua determinazione nel voler far ritorno a Vienna.
In città sorgevano allora gli studi della Sascha Film, casa di produzione a cui faceva capo l’industria cinematografica austriaca. L’occasione per entrare nel mondo del cinema andava colta senza riserve. Dopo aver falsificato una giustificazione scolastica, l’intrepida ragazzina si intrufolò nei loro studi dove, reclutata come comparsa, ottenne di partecipare a due commedie romantiche. Cruciale fu l'incontro con il regista Max Reinhardt. Chi lavorava con lui partecipava del suo prestigio e spesso si vedeva assicurata una garanzia di successo. Così, quando Reinhardt si volse ai giornalisti esclamando «Hedwig Kiesler è la ragazza più bella del mondo», le sue parole fecero eco. La bellezza di Hedy, legittimata da una voce autorevole, si consolidò come un suo tratto distintivo, ma anche come una potentissima arma a doppio taglio.
Per le commedie in lingua tedesca vi era allora un’alta richiesta di attori viennesi. Nel passaggio dal cinema muto al sonoro, infatti, l'inflessione della lingua austriaca era spesso preferita perché più morbida rispetto a quella della Germania del Nord. Fu così che, nel 1931, la diciassettenne Hedy partì per Berlino, fervida capitale dal carattere disinibito, tollerante e creativo. Dalle commedie berlinesi emerse in modo incontrovertibile il fascino della giovane, il cui volto armonioso attirò l'attenzione del regista Gustav Machatý: Hedy sarebbe diventata Eva, languida protagonista di Estasi, pellicola d’arte erotica da girarsi a Praga l’anno successivo.
Immaginatevi la reazione dei Keisler quando, alla prima viennese del film, videro proiettata sullo schermo l’immagine della figlia che, completamente nuda, emergeva dalle acque di un lago. Era il primo nudo femminile non pornografico della storia del cinema e, proprio per questo, vale la pena di vederlo.
Ancor più clamore suscitò la seconda scena erotica, quella dell’estasi amorosa, che potete vedere qui. Hedy fu in realtà piuttosto impacciata nel simulare l’orgasmo, al punto che il regista, per avere un effetto credibile, dovette punzecchiare con uno spillo il suo corpo disteso. Oggi questo aneddoto e il lieve erotismo dalla pellicola possono far sorridere ma, negli anni Trenta, gran parte dell’opinione pubblica reputò il film uno scandalo. Censurato e più volte modificato, Estasi lanciò Hedy come icona sensuale e in questa veste le assicurò fama e successo.
Nonostante questo, nella primavera del 1933 giunse una notizia del tutto inaspettata: ovvero che la giovane stava per abbandonare le scene. Contestualmente la donna annunciava il suo matrimonio con Fritz Mandl.
Ricchissimo magnate dell’industria delle armi, Mandl obnubilò l’ambizione di Hedy seducendola con un corteggiamento lusinghiero. Tanto nella gestione degli affari quanto nel rapporto con l’altro sesso, tuttavia, la natura dell'uomo era quella di accentratore spietato. Gelosissimo, privò la moglie di ogni libertà costringendola a vivere sotto vigilanza nelle sue sontuose residenze. Qui – in piena ascesa del nazismo in Germania – stuoli di camerieri davano ricetto a personaggi ambigui dell’estrema destra viennese, che Mandl foraggiava con armi e supporto politico. Immerso in delicate discussioni di strategia militare, l’uomo, tronfio, si faceva vanto della bellezza di una moglie trofeo, della quale sembrava del tutto ignorare l’acuta intelligenza. Celati dietro a sorrisi compiacenti, Hedy nascondeva del resto ben altri pensieri e, mentre raccoglieva informazioni top secret, progettava la fuga. Nel 1937 la giovane, travestita da cameriera, raggiunse Parigi in un leggendario e rocambolesco viaggio da spy story. Da qui, dopo aver ottenuto l’annullamento del matrimonio, ripartì per Londra.
Sognando Hollywood, Hedy si imbarcò sul transatlantico Normandie che stava riportando in America il famoso produttore Louis B. Mayer. Le armi sfoggiate durante la traversata – vesti sontuose e sguardo altero – colpirono nel segno. Non vi era dubbio, quella donna avrebbe stregato il pubblico americano e l'impresario della Metro-Goldwyn-Mayer, fiutando l'affare, le propose un contratto dal lauto compenso. Con esso, la giovane si impegnò ad assumere una nuova identità: Lamarr fu il cognome che, scelto a tavolino, risuonò subito americano.
I primi anni nel nuovo continente furono segnati dal matrimonio lampo con l'affascinante sceneggiatore Gene Markey, nonché da un paio di film dalla fortuna alterna. In essi Hollywood sacrificò spesso il talento che Hedy mostrava in ruoli comici per esporre in vetrina l’immagine di una donna imperturbabile, una sorta di frutto proibito che stimolasse le fantasie segrete del popolo americano, perbenista e conservatore. Sul set di Un'americana nella Casbah (che in inglese si intitola Algiers e che potete vedere integralmente e in lingua originale cliccando qui), nel 1938, con i suoi capelli corvini, la bocca sensuale e lo sguardo voluttuoso, Lamarr diventò un modello di bellezza talmente iconico da influenzare tutta l’estetica americana che, dai suoi tratti felini, trasse ispirazione per Cat, personaggio del fumetto Batman diventato poi Catwoman.
Nella vita privata, tuttavia, Hedy seppe preservare la sua identità. A casa, con il figlio adottivo James e con la madre appena giunta dall’Europa, la giovane alimentò la nostalgia per la sua terra. Contestualmente cresceva in lei il desiderio di vendicare la violenza subita dal popolo ebraico che in Europa veniva sterminato e in America – paese rifugio di molti migranti – subiva un sentimento di perdita lacerante. Lo scrittore Stefan Zweig, in un passaggio della sua autobiografia Il mondo di ieri, sintetizza questo dolore scrivendo: «fra il nostro oggi, il nostro ieri e il nostro altroieri tutti i ponti sono crollati». Questi ponti recisi, per Hedy, andavano ricostruiti non già proclamandosi ebrea – cosa che non fece mai apertamente – ma combattendo il nazifascismo con il suo ingegno.
Mentre il Paese eleggeva la tecnologia a strumento chiave nella lotta al nemico, come vi ho raccontato in questo articolo, la sera, in una stanza piena di libri, Hedy rispolverava i ricordi legati alle discussioni in casa Mandl, durante le quali si parlava spesso di sistemi radio per il controllo delle armi. Seguendo questi spunti, l’obiettivo della giovane divenne quello di progettare un sistema efficace nel guidare l’offensiva balistica americana. In esso un apparecchio radio emittente, collocato a bordo di una nave, avrebbe comunicato con una radio ricevente installata su un siluro. L’offensiva sarebbe avvenuta secondo schemi non intercettabili perché basati su cambi continui e repentini nelle frequenze, tecnica che oggi conosciamo come frequency hopping spread spectrum. Per dare forma a questo progetto accorse in aiuto della giovane inventrice un suo amico, il musicista d’avanguardia George Antheil.
Antheil, artista squattrinato e visionario, aveva collaborato alla lavorazione del film cubista il Ballet mécanique e, nel comporre le musiche, si era immaginato un meccanismo in cui gli strumenti fossero in grado di leggere le note suonandole in modo sincronizzato e senza l’intervento umano. Rimasto sulla carta per anni, questo schema sembrava ora sposarsi perfettamente con l’idea illuminante dell’attrice: le due radio installate su nave e siluro si sarebbero comportate come due pianoforti e le istruzioni balistiche avrebbero seguito un sistema basato su ottantotto frequenze – esattamente come il numero dei tasti del pianoforte.
L’11 agosto del 1942 con il brevetto numero 2.292.387 nacque così il Secret Communication System, l’intuizione che nel 1962, a diritti ormai scaduti, avrebbe guidato la crisi dei missili di Cuba e che, a partire dagli anni Ottanta, avrebbe rivoluzionato il settore della telefonia mobile facendo del contributo di Lamarr e Antheil il cardine negli sviluppi del 3G, del bluetooth e del Wi-Fi criptato e sicuro. Negli anni Quaranta, tuttavia, il governo ignorò il brevetto perché non ritenne credibile un’idea nata da un musicista bislacco e da un’attrice straniera. Secondo un pregiudizio radicato, una donna dotata di bellezza raramente può essere anche intelligente. Hedy, vittima di questo assurdo preconcetto, incredula e delusa, tornò alla vita di sempre senza più fare accenno alla sua invenzione.
Ad attenderla vi erano un terzo matrimonio – celebrato nel 1943 con il bel tenebroso John Loder –, due figli nati da questa unione e il film Sansone e Dalila, pellicola in Technicolor campione di incassi del 1949. Nella sontuosa epopea biblica del grande maestro Cecil B. DeMille, Lamarr, grazie al languore delle pose e al candore della pelle, fu una Dalila indimenticabile, cangiante tra abiti di penne di pavone e costumi orientaleggianti. Questo film segnò il culmine della sua carriera destinata, dopo una breve esperienza come produttrice indipendente, a un declino inarrestabile.
A partire dagli anni Cinquanta, infatti, il carattere della donna divenne sempre meno accomodante. Dopo il divorzio da Loder la vita affettiva di Lamarr contò altri tre matrimoni, tutti terminati in tribunale tra accuse e richieste economiche. Sempre più incline a sedute psicoterapiche e all’assunzione di farmaci, Hedy iniziò a rilasciare interviste confuse, durante le quali parlò spesso di sé in terza persona. La brillante Kiesler e la bellissima Lamarr sembravano entrambe sbiadire lasciando emergere una terza voce, quella di una persona scissa e sofferente, non più in grado di celare al pubblico la sua fragilità.
Negli anni Sessanta, in un tentativo di rilanciare se stessa, Hedy pensò di pubblicare la sua biografia. La casa editrice Bartholomew House ingaggiò due scrittori per raccogliere e comporre le memorie dell’attrice che, nel 1966, confluirono in un discusso volume dal titolo Ecstasy and me. Il libro, morbosamente incentrato sui particolari sessuali della vita di Hedy, fu subito un best-seller dato in pasto alla curiosità dei lettori. Hedy pianse e, sconvolta, iniziò una lunga e tormentata battaglia legale contro la casa editrice accusata, a suo dire, di aver pubblicato un libro falso e volgare.
Nello stesso anno Hedy fu colta nell'atto di sottrarre merce in un supermercato. Fu un gesto inspiegabile, se non appellandosi a quel malessere profondo che da tempo affliggeva la sua esistenza.
Il nome Lamarr, per decenni regalato all'oblio, tornò ad essere sulla bocca di tutti a metà degli anni Novanta quando, inatteso, giunse il riconoscimento del suo contributo alla scienza. Il clamore della notizia rimbalzò su tutta la stampa internazionale, ma i numerosi premi che le furono conferiti a stento poterono a consolare un'anziana ormai immersa nei ricordi che, schiva, nascondeva la sua immagine deturpata dalla chirurgia plastica.
Il 19 gennaio del 2000 Hedy Lamarr si spense in suolo americano. Tuttavia, se oggi camminassimo per Vienna, potremmo ben evocare il ricordo di Hedy, le cui ceneri vennero infine disperse nel verde dei suoi boschi. Tornata finalmente in patria, penseremmo a lei come alla donna intelligente più bella del mondo!
Per chi volesse approfondire l’affascinante figura di Hedy Lamarr, due sono le biografie in italiano che vi consiglio: la prima, scritta da Ruth Burton e intitolata Hedy Lamarr. La vita e le invenzioni della donna più bella della storia del cinema, è molto rigorosa nel distinguere verità storiche e fandonie raccontate sul suo conto, ma mantiene uno stile accattivante, degno della vita romanzesca della sua protagonista; la seconda, intitolata Hedy Lamarr, la donna gatto. Le sette vite di una diva scienziata, di Edoardo Segantini, ha il pregio di raccontare in dettaglio l’importanza dei contributi che Hedy e Antheil hanno apportato alla scienza. Infine, per i più giovani che masticano anche un po’ d’inglese, vi raccomando la graphic novel Hedy Lamarr: An incredibile Life, scritta dal documentarista William Roy e illustrata dall’artista visuale Sylvain Dorange.
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