
Questo articolo, scritto da Nadia Pastorcich, è comparso il 27 dicembre 2024 a pagina 33 dell'edizione cartacea de Il Piccolo di Trieste
Fissare nero su bianco i ricordi di vita. Rendere immortale la storia di una persona. La scrittrice trentina Nina Ferrari da diversi anni raccoglie le memorie di chi desidera lasciare un segno, tramandare il proprio vissuto a chi verrà dopo. Persone comuni e persone famose. Tutti meritano di essere ricordati. In questi giorni, per Fede&Cultura, è uscito il libro "Carlo Bini. Il mio canto per il cielo". Redatto nella forma di un'intervista biografica, regala al lettore l'essenza più pura del tenore campano scomparso nel 2021. «Ho conosciuto Bini nel marzo del 2019 - scrive Ferrari - in una giornata tersa di fine inverno. Lui e sua moglie Margaret, detta Bunny, mi accolsero come una vecchia amica nella hall dell'albergo in cui soggiornavano in Alto Adige». Da quel momento emersero, tra antiche memorie custodite nella mente, frammenti di vita della straordinaria carriera di Bini, partita da Santa Maria Capua Vetere negli anni '30 del Novecento per svettare, quarant'anni dopo, tra le luci dei maggiori teatri del mondo.
Nato in una famiglia umile, la sua storia è un esempio di vita dove l'impegno e la perseveranza sono i bagagli necessari per questo viaggio. «Non impiegai molto tempo a innamorarmi della storia di Carlo - prosegue Ferrari - e a decidere di volerla scrivere. Lui raccontava con uguale semplicità dei carciofi che sua madre usava cucinare sotto il portone di casa e di quando cantò per il re di Svezia, e di come questi due mondi in lui non avessero mai smesso di convivere».
In questi ricordi non poteva mancare la piccola lirica: nel 1965, a ventott'anni, a Montecatini, Bini si esibì per la prima volta sul palco dell'operetta. Determinante è stato però l'incontro con il maestro Mino Campanino che gli diede lezioni private di canto, suggerendogli l'operetta.
Per mantenersi, Bini passava parte del suo tempo al gioco, al biliardo. Fu l'operetta a permettergli di cambiare vita, dandogli la possibilità, a trent'anni, di iniziare un nuovo capitolo fatto di tournée e tanto studio. Al suo fianco c'era sempre Bunny. «Per anni - ricorda il tenore - io e lei non facemmo mai una vacanza, finché non decisi di cantare l'opera d'inverno e l'operetta d'estate, a Trieste, durante il suo famoso festival. Allora lì mi divertivo, perché almeno per un mese non dovevo spostarmi. Strauss, Lehár, Kálmán: l'operetta per me è sempre stata casa». Un inno alla vita.

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