«Se fare il ragazzo
significa imparare a vivere
allora fare l'adulto
significa imparare a morire»
Stephen King
Christine. La macchina infernale
La citazione che introduce questo post è tratta da Christine. La macchina infernale, l'ottavo romanzo di Stephen King, che lo pubblicò nel 1983. Autore prolifico, per lungo tempo legato soprattutto alla narrazione del terrore, di Stephen King il blog de Il Tuo Biografo vi ha già parlato in questo articolo: in cui, per altro, vi ho raccontato quali sono i consigli che questo autore best-seller darebbe a chiunque si accingesse alla scrittura. E certo lui è uno che ne sa qualcosa.
Dopo aver scritto capolavori di genere come Carrie (che, tra l'altro, rappresentò il suo esordio nel 1974), Shining e La zona morta, nel 1983 King uscì con tre romanzi, di cui Christine è senza dubbio il più memorabile. Narra la storia di Arnie e dei suoi amici che, in una piccola e noiosa cittadina di provincia in cui non succede mai niente, ad un certo punto trovano sulla loro strada una Playmouth del 1958 malridotta, che Arnie decide di acquistare per pochi soldi dal suo vecchio proprietario per rimetterla a nuovo. Proprio come in un classico della letteratura come Il Ritratto di Dorian Grey, di wildiana memoria, tra l'oggetto e il suo possessore inizia a crearsi un rapporto che va al di là del normale e che invece sfocia in una metamorfosi dell'orrore in cui auto e pilota iniziano sempre più pericolosamente ad assomigliarsi, in modo speculare. L'auto, man mano sempre più splendida e fiammante, sembra prendere vita propria, e viene sospettata di aver preso parte a funesti eventi che accadono nella cittadina, mentre Arnie, da studente imbranato che era prima, diventa più popolare, sicuro di sé, ma anche più asociale e violento. Ossessionato dalla sua auto, che a sua volta pare viva e dotata di sentimenti umani, come ad esempio la gelosia, Arnie abbandona la sua ragazza e i suoi amici, che però cercano di metterlo in salvo dalla sua macchina infernale e dalla maledizione che sembra accompagnarla. Ce la faranno? Per saperlo bisogna leggere il libro.
Come in molti libri di Stephen King, anche in questo la tematica della crescita, della giovinezza che si evolve - e volte si trasfigura - nell'età adulta è uno dei temi cardine del romanzo. La metamorfosi attraverso cui passa il protagonista può essere anche vista come una grande metafora della crescita, del cercare e trovare se stessi, a volte anche a costo della perdita, momentanea o definitiva, della bellezza che ribolle in ogni giovane.
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Grazie per il tuo profondo e approfondito commento, ssannaro. Gli spunti di riflessione che offri mi sembra si integrino bene con un articolo pubblicato qualche mese fa qui sul blog de Il Tuo Biografo, intitolato "Perché la morte non è una fine". Mi piace molto scoprire le connessioni tra pensieri e spunti diversi, e mi sembra che questa sia una di quelle occasioni.
https://www.tuobiografo.it/post/2019/09/20/perche-la-morte-non-e-fine-simbolii-letteratura-scienza
Vorrei portare alcune mie riflessioni sul morire. La Morte porta con sé la chiusura del proprio ciclo e come tale sancisce la fine di qualcosa. Quando si muore, s’interrompe un percorso, quello terreno, a prescindere da ogni altra considerazione. E’ il dato di fatto più evidente per tutti noi.
Il gesto, come termine, ha le sue radici latine nel verbo gero, compiere, portare a termine, tra i suoi numerosi significati. La Vita attraverso la Morte arresta la sua fecondità e così facendo la compie. Si può quindi dire che la morte è il gesto conclusivo della vita.
“…Il più terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando…