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Immagine del redattoreNina Ferrari

Nonostante il dolore, «fiorire ovunque», nel Diario di Etty Hillesum




«Fiorire e dar frutti

in qualunque terreno si sia piantati –

non potrebbe essere questa l'idea?»


Etty Hillesum

Diario

Etty Hillesum (1915-1943) è stata una scrittrice olandese vittima della Shoah. Il blog de Il Tuo Biografo ve ne ha già parlato in questo articolo, in cui la sua opera è stata mostrata come un grande esempio dell'importanza di un dialogo interiore per affrontare il male che a volte la vita ci presenta. Studiosa, laureata in giurisprudenza e appassionata di psicologia e di lingue slave - insegnava il russo - era di origine ebraica e perciò, quando la Seconda Guerra Mondiale scoppiò, a causa delle leggi razziali emanate anche in Olanda fu costretta a interrompere i suoi studi. Nel 1942 accettò un lavoro come dattilografa presso il Consiglio Ebraico di Amsterdam e grazie a tale posizione le fu offerto di sfuggire alla persecuzione nazista degli ebrei. Forte del suo credo etico e religioso, Etty rifiutò questa possibilità, decidendo di condividere in modo integrale il destino riservato al suo popolo. Assieme alla sua famiglia, fu deportata nel campo di transito di Westbork, nel Nord-Est dei Paesi Bassi, dove brevemente lavorò come assistente sociale. Raggiunse Auschwitz nel settembre del 1943 e lì morì appena due mesi dopo.


Tra il 1941 e il 1943 annotò le sue riflessioni su un diario, che già fin dalle sue prime pagine mostra l'interiorità intensa e passionale di questa donna dedita alla lettura di Rilke, Dostoevskij e Jung. Pian piano, però, la narrazione della realtà della persecuzione nazista fa capolino anche tra queste pagine, dai primi cartelli «vietato agli ebrei» sparsi per Amsterdam, ai presagi funesti evocati dai racconti di altri fratelli ebrei deportati nei campi di sterminio. Etty tiene nota di tutto, continua a scrivere, a riflettere, e, nonostante che la sua religiosità sia sempre stata blanda, man mano si rafforza in lei il senso d'appartenenza al proprio popolo e, al contempo, si estende tra le righe che scrive la consapevolezza di una bellezza che anima il mondo nonostante tutto – e che lei è decisa a difendere come una trincea. Etty si rifiuta infatti di rispondere al male con altro male e affianca al suo rifiuto di salvarsi la preoccupazione di come aiutare gli altri. Perché ciò che le interessa non è cedere al dolore, ma alimentare il bello e il buono che continuano a esistere anche quando sono difficili da scorgere. Dalla sfida col male la sua anima esce intatta, anzi, rafforzata. I «frutti» di cui parla Etty, che sanno crescere e fiorire qualsiasi sia il terreno in cui sono piantati, sono quelli che traggono nutrimento da una bellezza che va coltivata dentro se stessi, attraverso uno sguardo minuto che non si fa distrarre né dalle fatiche né dal dolore della vita.


Il Diario 1941-1943 di Etty Hillesum è una potente - e fondamentale - testimonianza della Shoah, ma è anche un libro che parla di bellezza e di dolore, e di come sia possibile che dentro di noi la prima vinca sul secondo, anche quando le cose vanno proprio male. Scritto per se stessa, certo non si cura del giudizio del lettore e proprio per questo documenta con spontaneità una filosofia di vita che contagia di forza chi ne sfoglia le sue pagine.


Una prima versione del suo Diario, composta da una selezione scelta delle riflessioni di Etty, fu pubblicato per la prima volta in Italia da Adelphi nel 1996, e conta appena 206 pagine. Risale invece al 2012 la pubblicazione del suo Diario integrale 1941-1943, che invece racconta la sua esperienza interiore in poco più di 900 pagine. Adelphi è anche l'editore italiano delle Lettere 1942-1943 che Etty scrisse dal campo di Westbork. Da quest'ultima raccolta è tratto quest'ultimo prezioso pensiero: «Siamo stati marchiati dal dolore, per sempre. Eppure la vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità».




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