Roland Barthes (1915-1980) è stato un semiologo e un saggista, nonché una delle figure culturali più importanti nella Francia del Secondo Dopoguerra. Figlio di Louis Barthes e Henriette Binger, perse il padre in una battaglia navale ad appena un anno, nel corso della Prima Guerra Mondiale, nel 1916. Henriette, rimasta vedova, si guadagnò da vivere come rilegatrice di libri, non facendo mai mancare amore al figlioletto nonostante le difficoltà. Fin dall'infanzia, del resto, anche il giovane Roland ebbe sempre l'istinto di proteggere la madre.
Studente curioso, fin da bambino si impegnò negli studi; appena adolescente incontrò la prosa di Marcel Proust, un amore che avrebbe portato con sé per tutta la vita, e iniziò ad appassionarsi e a scrivere per il teatro. Laureatosi alla Sorbona in Lettere Antiche col massimo dei voti, all'indomani dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale venne riformato e fu assunto come insegnante in un liceo. Ebbe sempre una salute cagionevole e dovette spesso venire curato in diversi sanatori europei: usava il tempo della sua convalescenza per studiare, tanto che negli anni Quaranta conseguì una seconda laurea in Filologia. Fu proprio durante la sua permanenza in un sanatorio che Barthes prese coscienza della sua omosessualità, che però avrebbe vissuto in modo privato per tutta la vita, tanto che la critica venne a conoscenza della sua identità sessuale solo dopo la sua morte, attraverso i suoi diari personali.
Scrittore prolifico, nel secondo Dopoguerra cominciò ad attirarsi la stima di molti suoi contemporanei, da Gérard Genette a Jacques Derrida, grazie a saggi di stampo strutturalista sulla lingua, la letteratura e la scrittura, ma anche la moda e l'immagine fotografica. I suoi testi, più che esporre una teoria organica del suo pensiero, si caratterizzavano per essere più raccolte di pensieri, organizzati spesso in modo quasi aforistico. Fondamentali furono opere come Il grado zero della scrittura (1953), L'impero dei segni (1970), Frammenti di un discorso amoroso (1977) e La camera chiara (1980). Fu chiamato a insegnare in diverse università del mondo, dall'Europa agli Stati Uniti, dal Nord Africa all'Asia. Quando tornava in Francia, però, era sempre al fianco della madre Henriette, con cui condivise gran parte della sua vita e certamente dell'intimità domestica.
Quando, nel 1975, la donna si ammalò, il figlio le rimase accanto prendendosi cura di lei fino all'ultimo. All'indomani della morte della madre, il 25 ottobre del 1977, Barthes iniziò un suo diario del lutto, per cercare di affrontare il dolore di questa perdita. Ancora una volta affidò le sue riflessioni a una scrittura frammentata, aforistica, base forse per un romanzo o un saggio più ampio, che però non riuscì mai a completare.
Roland Barthes fu infatti investito da un furgone nel febbraio del 1980, dopo aver incontrato a pranzo il futuro presidente di Francia François Mitterand. Quell'incidente fatale lo condusse alla morte poche settimane dopo, senza aver portato a compimento molte delle opere che aveva pianificato di scrivere.
Dove lei non è, edito in Italia da Einaudi e tradotto da Valerio Magrelli, è il diario del lutto che Barthes scrisse dopo la morte di sua madre ed è dunque un libro non concluso, a cui pure lo scrittore teneva moltissimo. Testo personalissimo, nudo, quasi primordiale - sia per la relazione che lo legava a Henriette che per l'intensità smarrita e cocente delle emozioni qui messe a nudo dall'autore - Dove lei non è rappresenta un viaggio nell'interiorità di Roland Barthes, nel suo modo di sentire e ragionare, persino di sorridere in modo ironico e desolato di fronte a una perdita di tale portata.
Giorno dopo giorno, l'autore trascina se stesso in un percorso accidentato, composto di lucida riflessione, ricordo, ricaduta nella disperazione, necessità di andare avanti. Figlio devoto, intellettuale acuto, uomo nudo di fronte all'autenticità della perdita, Barthes compilò il suo diario quasi quotidianamente, dal 26 ottobre del 1977 al 15 settembre del 1979, permettendo oggi al lettore di inabissarsi nella sua esperienza, ancorché descritta solo per frammenti.
Per permettervi di farvi un'idea più precisa di Dove lei non è, ne ho scelto alcuni passaggi che mi sembra evochino bene, nonostante la loro brevità, il diario del lutto di Roland Barthes:
27 ottobre 1977
– «Mai più, mai più!»
– E tuttavia, contraddizione: questo «mai più» non è eterno, poiché voi stessi, un giorno, morirete.
«Mai più» è un'espressione da immortali.
31 ottobre 1977
Talvolta, brevissimamente, un momento di vuoto - come di insensibilità - che non è un momento di oblio.
Tutto questo mi spaventa.
9 novembre 1977
Cammino alla meno peggio attraverso il lutto.
Immobile, senza tregua, torna il punto bruciante: le parole che lei mi ha detto nel soffio dell'agonia, centro astratto e infernale del dolore che mi sommerge («Mio Roland, mio Roland» – «Sono qui» – «Sei seduto male»)
1° maggio 1978
Pensare, sapere che mam. è morta per sempre, completamente (un «completamente» che si riesce a pensare solo facendosi violenza, e senza che ci si possa aggrappare troppo a lungo a questo pensiero), significa pensare, lettera per lettera (letteralmente e simultaneamente), che anch'io morirò per sempre e completamente.
Nel lutto (quello di questa specie, il mio), c'è dunque un nuovo e radicale addomesticamento della morte; dato che prima si trattava solo di un sapere preso in prestito (goffo, venuto dagli altri, dalla filosofia, ecc.), ma adesso è il mio sapere. Non mi può fare molto più male del mio lutto.
15 giugno 1978
Tutto ricominciava immediatamente: arrivi dei manoscritti, richieste, storie degli uni e degli altri, e, ognuno spingendo davanti a sé, impietosamente, la sua piccola richiesta (d'amore, di riconoscimento): non appena essa fu scomparsa, il mondo mi assordò di: tutto continua.
1° agosto 1978
[Forse già annotato]
Mi sono sempre (dolorosamente) stupito di potere - finalmente - vivere con la mia tristezza, il che significa che essa è, alla lettera, sopportabile. Ma - forse - è perché bene o male (ossia con l'impressione di non arrivarci) posso parlarla, fraseggiarla. La mia cultura, il gusto della scrittura, mi danno questo potere apotropaico, o d'integrazione: io integro*, grazie al linguaggio.
La mia tristezza è inesprimibile, e tuttavia dicibile. Il fatto stesso che la lingua mi fornisca la parola «intollerabile», realizza immediatamente una certa tolleranza.
*fare entrare in un insieme - federare - socializzare, rendere comune, gregarizzarsi.
1° agosto 1978
Delusione prodotta da diversi luoghi e viaggi. Non sto bene da nessuna parte. Molto rapidamente, questo grido: Voglio tornare! (Ma dove, dato che lei non è più da nessuna parte, lei che era là dove io potevo tornare). Cerco il mio posto.
20 gennaio 1979
Foto di mam. ragazzina, lontana - sul tavolo davanti a me. Mi bastava guardarla, afferrare il quid del suo essere (che tanto mi sforzo di descrivere), per venire investito da, immerso in, invaso, inondato dalla sua bontà.
Al momento in cui scrivo, Dove lei non è fuori catalogo, il che è un gran peccato, penso, mentre tengo tra le mie mani una copia di questo libro acquistata poco più di una decina di anni fa. Comunque, ne sono certa, chi tiene a leggerlo può trovarlo in biblioteca. Inoltre, con una breve ricerca, ne ho trovate diverse copie (pirata?) scaricabili in pdf. È un testo molto bello, che vale la pena di leggere.
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